Tall Stories
(Epic Records - 1991)
Album, AOR
Indispensabile l’omonimo album d’esordio dei newyorkesi Tall Stories,
il classico esempio del disco che, a prescindere dal genere e dai gusti
musicali, non dovrebbe assolutamente mancare nella collezione di
qualsiasi rocker degno di questo appellativo, costi quel che costi,
anche perché cosa poter chiedere di più ad un platter che sprigiona nel
contempo eleganza, raffinatezza e gusto melodico, cura per gli
arrangiamenti ed un songwriting pregno di rimandi ai maestri del genere?
Chiamatelo pure Adult Oriented Rock o techno-pop, sta di fatto che
Tall Stories, nei suoi quarantacinque minuti scarni di durata, riesce
nella non facile impresa di avvolgere l’ascoltatore in un fascinoso,
quanto delicato abbraccio, che partorisce ad ogni incontro meravigliose
percezioni sensitive, e chi ha ascoltato almeno una volta questo piccolo
capolavoro, non potrà che darmi ragione.
La breve attività
musicale di questa splendida realtà del genere melodico, si immedesima
con la vita artistica dell’istrionico vocalist, d’indubbia origine
italiana, Steve Augeri, il quale, abbandonata la precedente formazione
dei Maestro, band che, oltre al carismatico cantante, comprendeva tre
sconosciuti musicisti brasiliani, da vita a questo formidabile ensamble,
grazie all’aiuto del chitarrista Jack Morer, all’epoca semplice
impiegato del negozio di chitarre Manny's Music Store, al bassista Kevin
Totoian, già con Edgar Winter e Joe Cocker, ed al polivalente musicista
da studio Tommy DeFaria alla batteria, apprezzato per il suo lavoro con
Etta James e i Blood Sweat And Tears.
Un demo ottimamente
registrato e qualche concerto nei locali più rinomati della grande mela,
attirano l’attenzione del talent scout Bud Prager, già deus ex machina
dei primi vagiti dei Foreigner, che procura loro un sostanzioso
contratto con la Epic americana, e li mette nelle mani del producer
Frank Filipetti.
High class AOR: ecco qual è il risultato di
tante forze scese in campo per l’occasione, dieci intensi brani pregni
di partiture ariose e tanto rock melodico, una commistione molto vicina
all’arena rock di Journey, Foreigner, Boston e Reo Speedwagon, dove a
svettare è naturalmente il carisma dell’ottimo Steve Augeri, a suo agio
sia su brani più ritmati come l’opener Wild on the Run, vero classico
minore del genere, dotato di un’airplay radiofonico davvero esagerato,
fra chitarre cromate, lievi inframmezzi funky, ed hi-tech vocals da
brivido, la più tirata Sister of Mercy song dall’incedere molto più hard
rock oriented, quasi class metal oserei dire, il tempo medio di Stay
with me, puro arena rock fra influenze più classicamente Journey al
100%, e partiture più pop, ascoltate il riff centrale che sembra quasi
“Alive and kickin’” dei Simple Minds, o la calda e suadente Chains of
Love hard melodico, intenso ed arioso basato sulle qualità solistiche
dell’ottimo Jack Morer chitarrista dotato di un peculiare tocco che
conferisce ai brani quel quid in più di cui hanno bisogno per elevarsi
dalla media. Crawling back, brano che esplode in tutta la sua fragorosa
grinta a livello del bridge, grazie a delle raffinate suggestioni
melodiche, porta con se ancora una volta il marchio indelebile Journey
style, così come la deliziosa, e radio-oriented, Somewhere she waits
marchiata a fuoco da un’interpretazione calda e convincente del leone
Steve Augeri, che in più occasioni si lancia sulle tracce del maestro
Steve Perry, così che se Restless one è una delicata ballad dalle
atmosfere soffuse, davvero struggente e toccante nelle sue estensioni
quasi bluesy a la Whitesnake, Never enough è invece un hard rock
ruffiano e da classifica sulla falsariga dei milgiori Bon Jovi e dei
Styx più duri.
Un tour itinerante da spalla ai Mr.Big e
qualche apparizione in piccoli festiva locali, non alleviarono più di
tanto il destino, già segnato, dei nostri Tall Stories che, causa forza
maggiore (leggasi pure esplosione del fenomeno grunge), dovettero
lasciare il passo alle nuove realtà musicali statunitensi, prime fra
tutte i cugini di etichetta Pearl Jam. Come la storia musicale ci
insegna, di quella formazione il solo Steve Augeri ha continuato
duramente a perseverare lungo il proprio sentiero che lo ha portato
prima in seno ai Tyketto del poco fortunato Shine, ed infine alla corte
dei Journey di re Neal Schon che lo ha fortemente voluto con se per la
nuova avventura a titolo Arrival.
Un'avventura durata l'arco di un
solo disco dunque, ma che disco ragazzi, una vera perla del genere
melodico, perciò cercatelo, trovatelo ed amatelo visceralemnte perchè ne
vale veramente la pena, parola di un'inguaribile nostalgico.
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