Gli
apostoli del pomp rock mistico, ecco come vennero etichettati dalla
stampa specializzata all'epoca del loro omonimo esordio gli
indimenticati Idle Cure, sicuramente una delle
formazioni indecorosamente più sottovalutate della scena Hard melodica
degli anni ottanta, un ensamble resosi artefice della pubblicazione di
ben cinque splendidi album intrisi di richiami all'AOR sound più
classico ed incontaminato, e qualche strizzatina più commerciale
derivante da una componente Hard Rock più frizzante e nettamente da
classifica, il tutto venato da partiture catchy, cori ammiccanti ed una
dose di sfavillanti refrain davvero irresistibili, elementi che comunque
avevano da sempre caratterizzato l'intero repertorio della band
californiana in questione.
Questo Inside Out del 1991, oggetto naturalmente
della nostra recensione, ce li fotografa proprio nel culmine della loro
seppur breve carriera discografica, presentandoceli al meglio delle
proprie qualità artistiche ed espressive, proprio all'indomani della
pubblicazione dell'ottimo 2nd Avenue di un anno prima, album che aveva aiutato a ribadire che l'abbandono forzato del fondatore Chuck King, in favore degli Shout
dell'idolo Ken Tamplin, non aveva affatto scalfito la qualità del
proprio songwriting, ma che anzi aveva spronato i nostri a raggiungere
picchi qualitativi forse quasi inaspettati.
Guidati dalla voce suadente e
al contempo graffiante del grande Steve Shannon, sorta di coacervo
canoro fra il miglior Steve Perry, Stan Bush e la stella Paul Stanley, e
dalla chitarra imperiosa del funambolico Mark Ambrose, qui alla presa
anche con le keys, gli Idle Cure si dimostrano sin dalle prime battute dell'esplosiva opening track We've Lost the Ground, antemico Hard Rock sulla scia di Kiss e Black'n Blue,
una band di talento intenta a forgiare ottime composizioni di rara
intensità espressiva pregne di pathos e di un innato gusto melodico,
elementi che, comunque, caratterizzano al meglio brani nettamente più
soft come la dolce Who Cries for Me, mid tempo contraddistinto da ottime parti di piano e da un coro a dir poco angelico, la suadente Holy Mountain melodic Rock sulla scia di White Sister, Journey e Foreigner, o la toccante e sontuosa ballad atmosferica e sognante Innocent Again. Ma non è tutto, anche perché prima I Will Hold On e poi Where is the Love ci consentono una seppur breve incursione in campo prettamente FM fra richiami a Survivor e The Barrage, mentre la saettante Mind Games, ancora una volta Kiss oriented, e il pulsante melodic AOR di The Higher Climb
con i suoi cori enfatici ci mostra ancora una volta la classe e la
verve compositiva in possesso dei quattro di Long Beach. Insomma se
ancora non l'avete capito, ci si trova davanti ad un grande album di
hard rock/AOR dal piglio decisamente melodico, quindi se amate band come
Petra, Novella o i primi White Heart non potete lasciarvelo scappare, fidatevi...
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